Testo di Giovanni Intra Sidola
Cecilia Luci è un’artista simbolista, il cui linguaggio varia dalla metafora al simbolo, alla similitudine; sempre alla ricerca della dimensione interiore, anzi, intima, della realtà, attraverso un profondo processo introspettivo, nel suo caso rivolto soprattutto all’analisi del proprio passato.
Eppure, lungi dall’essere autoreferenziale, la sua arte ha valenza universale, poiché coinvolge l’osservatore che si identifica nella ricerca di senso, riconosce nei soggetti delle opere alcune realtà che gli appartengono e condivide il risultato catartico che l’introspezione suscita nell’artista.
Tuttavia, ciò che attrae innanzitutto l’osservatore è una silenziosa bellezza che emana dalle sue opere, frutto della ricerca di una perfezione estetica che è misura della sua profonda meditazione sull’Essere. Ricerca estetica che assume addirittura una dimensione etica, in quanto l’arte è chiamata a contribuire alla crescita delle persone a partire dalla bellezza formale che non è pura esteriorità, ma che veicola un contenuto “bello”, quindi in qualche modo anche buono e vero.
Un simile risultato può essere ottenuto solo da chi ha un’assoluta padronanza dei mezzi e delle tecniche del suo linguaggio espressivo, recuperando la dimensione del saper fare, propria degli artisti di ogni epoca. Lei lo dimostra tramite lo stretto controllo sulla messa a fuoco, l’attenta misura della luce, l’ampia ricerca cromatica, la precisione delle inquadrature e degli scatti, l’esatta calibratura cromatica e la scelta dei supporti più appropriati nel processo di stampa.
Tutte queste caratteristiche fanno di Cecilia Luci un’artista dotata della visione propria del pittore, che riesce a dipingere usando la macchina fotografica, per rendere visibile a tutti noi ciò che sfugge ai più: l’essenza profonda di ciò che ci circonda, l’Essere che pervade ogni cosa.
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